C’è una
scena in “Non ci resta che piangere” in cui Benigni e Troisi, nel loro
peregrinare attraverso il Medioevo, si trovano di fronte Leonardo da Vinci. Per
entrare in contatto con un personaggio di questo spessore, i due stabiliscono
che non c’è altro modo: bisogno incuriosirlo, con un “ragionare di scienza”.
Così si
mettono a simulare una conversazione peripatetica e giunti nel raggio uditivo
di Leonardo, Troisi ritiene di aver individuato il tasto giusto da toccare:
matematica. “Ma 9x9… farà 81?”. Eh già, come se fosse stato possibile
spacciarsi per luminari scientifici dinanzi al Genio rinascimentale facendo
sfoggio della conoscenza delle tabelline.
Ma la carica
comica di questa battuta sta proprio nella pretesa di poter trasformare un
elemento oggettivo quale è una moltiplicazione, in un oggetto di dibattito.
Sulla matematica c’è poco da obiettare. La matematica, ci hanno insegnato, non
è un’opinione.
Ma quanto
non era altro che una semplice e riuscita trovata umoristica persino nella
Frittole del 1400 (seppur “quasi mille e cinque”) diventa una cosa serissima
nella Napoli del terzo millennio. Alla Federico II sono infatti riusciti a
capovolgere il più abusato dei luoghi comuni sulla matematica. Per la
segreteria della Facoltà di Lettere e Filosofia essa è eccome, un’opinione; al
punto da rendere una semplice operazione matematica, oggetto di discussione di
un consiglio di corso di laurea.
Esperienza
personale. I fatti sono questi.
All’inizio
di quest’anno accademico ho deciso di riprendere gli studi, dopo
un’interruzione di alcuni anni.
Iscrivendomi,
ho effettuato il passaggio dal Nuovo Ordinamento (NO) al Nuovissimo Ordinamento
(NNO) ed ho richiesto il riconoscimento degli esami sostenuti nella mia carriera
pregressa. Nel farlo, ero consapevole delle inevitabili incongruenze che
sarebbero nate nel trasferimento da un ordinamento all’altro. Esami che nel NO
valevano 4 crediti, nel nuovo valgono 9, ad esempio; o magari due o più esami
del nuovo, sono stati accorpati in un unico esame nel NNO. Di conseguenza
bisogna fare delle integrazioni agli esami già sostenuti. I programmi dovrò
concordarli col docente di ruolo del relativo insegnamento.
Tutto questo
a me lo ha detto il cordiale impiegato della segreteria in via Giulio Cesare
Cortese. Mi ci sono recato, dopo un mese dall’iscrizione, per prendere visione
della delibera del CdL. È il consiglio che stabilisce e ufficializza quali
esami riconoscere e con quali modalità.
L’impiegato
ha continuato a darmi spiegazioni e a dirimere ogni mia perplessità per un
altro paio di minuti.
Poi…
Quando stavo
già per andare via, ho fatto una domanda; una di quelle che fai per eccesso di
zelo, per pedanteria, per ansia. Come verrà calcolato il voto finale che
comprenda la valutazione dell’esame più l’integrazione? Ovviamente, visto che
il voto già acquisito l’ho preso su un programma di 8 crediti e l’integrazione
vale 4 crediti, l’incidenza dei due voti è diversa. No?
L’impiegato
mi ha freddato.
Mi ha
spiegato che le cose non stanno esattamente
così. In realtà loro non calcolano la media ponderata, bensì quella aritmetica,
indipendentemente dal peso dell’integrazione. Per inciso, ha tenuto a
precisare, anche se ci fosse da integrare un solo credito, zacchete, media
aritmetica.
Per coloro
ai quali quest’affermazione non fa gelare il sangue nelle vene, voglio
raccontare questa storiella.
Quand’ero
piccolo ho amato Andy Capp, il protagonista della serie di strisce a fumetti
creato da Reginald Smythe (in Italia, forse, la striscia è più famosa come “Le
avventure di Carlo e Alice”). In una pagina che mi ha fatto sorridere per anni,
c’è Flo, la moglie grassoccia di Andy, che sale su una bilancia, e intima al
marito, evidentemente più magro, di balzarci su anche lui.
La bilancia
fa il suo lavoro e i due se ne vanno via, Flo visibilmente rinfrancata. “160
Kg, diviso due… fanno 80”. Andy la guarda perplesso e fa per obiettare: “Ma in
questo modo…”.
“Non una
parola” gli ringhia contro Flo.
Divertente.
Quando una cosa del genere non accade nella realtà.
L’impiegato,
che a questo punto ho cominciato a detestare visceralmente, mi ha confessato
quanto sarebbe complicato per loro e per i sistemi informatici fare una media
ponderata per ogni singola integrazione.
Ma voi non siete l’assemblea di condominio
di un parco di periferia. Voi siete la segreteria della Federico I, perdiana,
la più antica università pubblica del sistema solare. Più antica persino di
Leonardo.
Il maledetto
impiegato ha rincarato, invitandomi a tener conto che, be’ sì, anche per i
professori non sarebbe stato semplice districarsi in una siffatta
complicazione.
A me questo
è parso un banale tentativo di ironizzare sullo stereotipo dell’uomo di lettere incapace di cavarsela
anche coi numeri e le operazioni più elementari.
Poi talvolta
accade che noi che ci troviamo nell’ambito delle materie umanistiche,
inorridiamo, ci offendiamo e scandalizziamo perché ci viene rimproverata
l’inutilità e l’insostenibilità economica, politica e sociale, del nostro
ambito di studi. E hai voglia a cercare di ribellarci e rispondere a questo
luogo comune e provare a mettere k.o. il nostro interlocutore con argute
risposte aforistiche. Se le segreterie delle nostre facoltà non sono nemmeno in
grado di fare un calcolo tanto banale, secondo me la questione è chiusa, senza
possibilità di replica. Meritiamo di diventare oggetto delle barzellette degli
studenti delle facoltà scientifiche, un po’ come i carabinieri.
L’impiegato
continua a parlare ma ormai mi sono arreso. Spiegazzo la cartaccia della
delibera e la infilo in cartella. Agonizzante, ma non ancora domo, protesto
infantilmente ancora un po’: “Forse è perché ho fatto un istituto tecnico, ma
le assicuro che non era così complicato calcolare il diverso peso dei due
voti”.
Quasi avesse
voluto darmi l’estrema prova dell’ottusità del sistema, l’impiegato mi ha
inferto il colpo di grazia: “Guardi, lei in teoria ha ragione. Ma è il
consiglio che decide su queste cose. E il consiglio ha stabilito che era più…
ecco, diciamo che era più conveniente per noi, fare in questo modo”.
Che è un po’
come se io là dentro invece che per discutere dei crediti formativi, ci fossi
andato per sapere a quanto ammontavano le tasse da pagare.
“Be’ guardi.
Sono 100 € la tassa regionale, e 150 € il contributo all’università, per un
totale di 350 €”.
“No mi
scusi” avrei obiettato, “ma 100 e 150 fanno 250”.
“Sì, in
teoria lei ha ragione, ma vede, il consiglio del corso di laurea si è riunito e
ha stabilito che per noi è più conveniente che facciano 350”.
Io, è vero,
ho fatto un istituto tecnico. Tuttavia non credo mi verrà mai assegnata la
medaglia Fields solo per essere in grado di calcolare una media ponderata. Ma
talvolta la matematica può trasformarsi in un’opinione. In un ragionare di
scienza.
Forse Troisi ha sbagliato periodo storico in cui
ambientare la sua battuta. Nel 1400 era troppo avanti coi tempi. Avrebbe dovuto
farla nella Federico II del 2012. Ma 9x9 farà 81? Solo che in segreteria non ci
avrebbero trovato nulla da ridere. E al massimo avrebbero posto la questione
all’ordine del giorno nel prossimo consiglio di laurea.
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